29 settembre ore 18:00 Anywhere - via Mezzocannone 31 - Napoli idea e progetto Armando Minopoli - cura scientifica Vincenzo Restelli 30/09/20 - 03/11/20
Entro domani di Vincenzo Restelli Nell’andare dell’esistente, dove tutto è messo in dubbio, l’Io esitante prova a trovar spazio e compimento. L’esistenza è, dunque, un lento divenire di coscienze in gioco, le quali, nel loro scontro -incontro, tentano di dire, le une alle altre, le proprie verità. Cercano, in un gioco di parole sottese e sottaciute, intese e equivocate, di comunicare l’incomunicabile. Lasciatemi dire una cosa e poi basta, scrive Luigi Pirandello: «[…]. La vostra coscienza, voi dite. Non volete che sia messa in dubbio. […] riconosco […] che per voi stesso, dentro di voi, non siete quale io, di fuori, vi vedo. Non per cattiva volontà. […]. Voi vi conoscete, vi sentite, vi volete in un modo che non è il mio, ma il vostro; e credete ancora una volta che il vostro sia giusto e il mio sbagliato. Sarà, non nego. Ma può il vostro modo essere il mio e viceversa? […]. Io posso credere a tutto ciò che voi mi dite. Ci credo. Vi offro una sedia: sedete; e vediamo di metterci d'accordo. […]. Ahimè, caro, per quanto facciate, voi mi darete sempre una realtà a modo vostro, anche credendo in buona fede che sia a modo mio; e sarà, non dico; magari sarà; ma a un “modo mio” che io non so né potrò mai sapere; che saprete soltanto voi che mi vedete da fuori: dunque un “modo mio” per voi, non un “modo mio” per me». (L. Pirandello, Uno, nessuno e centomila, a cura di M. Guglielminetti, Mondadori, Milano 2010, libro IV, p. 28)
Jacopo Dimastrogiovanni, benché consapevole della sostanziale incomunicabilità delle coscienze, non chiude radicalmente a un possibile confronto tra le due istanze dell’Io: il sé e l’altro da sé con le sue finzioni e celate verità. In un processo di destrutturazione artistica e di idealità dialogica, egli indaga le vie dell'inconscio, nel tentativo di gettar luce sulla parte più intima dell'Io. Tra ineffabilità e revelatio, in un percorso circolare di comprensione e critica di sé, l'Io si scopre e si nasconde dietro la caligine delle sovrastrutture quotidiane. Dalla e nella deformazione della maschera del vivere traspare la natura del vero sé: ogni aspetto sensibile non è altro che apparizione del non-apparente Io. Ogni volto deformato illumina le verità nascoste dell'Io interiore, nella dimensione kairologica del ‘qui e ora’. È lì, in quella distensione sovratemporale e sovracategoriale del Kairos, in quell’attimo speciale e propizio, tra l’Io manifesto e l’Io nascosto, che si apre, al di là del tempo cronologico e dello spazio, la possibilità di cogliere l’identità più propria dell’essere di ogni uomo. Il Kairos è, dunque, una finestra temporale che dall’ontico si apre sull’ontologico, ossia quell’intuizione che permette alla psyche di affrancarsi dalla sua rigida individualità e osservare l’essere in sé nella sua universale e intima alterità. Il titolo della mostra Entro domani e i nomi di alcune sue opere - Attonita, Eccomi, Tanto ormai, Ci sono - nella loro istantaneità temporalità, ben lungi dal rappresentare un’umanità intorpidita nella e dalla dimensione accidentale dell’esistenza, sono, di necessità, un chiaro richiamo alla dimensione trascendente dell’essere in sé e per sé. Una trascendenza che non si dissolve nell’incomunicabilità delle coscienze individuali, ma si manifesta nell’attimo in cui l’Io interiore fa capolino dietro le finzioni dell’Io esteriore. Intimità in dialogo, potremmo definire il lavoro dell’artista livornese, la cui ricerca artistica, al di là dall’essere nuda materia plasmata, è un luogo dell’anima ove le coscienze si compenetrano in un rimando di sguardi. Gli occhi dello spettatore ricadono sugli occhi delle maschere deformate e deformanti: questi sono l’unica possibile via per superare l’ambiguità del non-detto e cogliere, con un puro atto di intuizione creatrice, l’Io sovrastrutturale. L’intento è quello di mantener vigile l’attenzione dello spettatore non sulle varie deformazioni figurative, ma sul significato intrapsichico di queste. Nel contorcersi del volto c’è, dunque, l’inquietudine di ogni individuo, che mostra se stesso all’altro nella sua autenticità. L’interesse e la preoccupazione dell’autore non nascono, pertanto, dalla volontà di una mera rappresentazione fisiognomica, ma dalla necessità di definire cosa sia un volto e in che modo esprima il mondo che reca in sé, con sé e fuori di sé. La pittura di Dimastrogiovanni scuote e inquieta lo spettatore, poiché suscita la lucida consapevolezza di non poter mai porre fine alla conoscenza di sé. Curiosità e disagio nascono nell’intimo di colui che osserva, sia perché l’identità di ognuno diviene esposta e passibile di confutazione, sia perché l’Io realizza l’insanabile scissione tra interiorità e esteriorità.